adrianomaini

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Una luna color rame, appena fatto capolino, sembrava contemplare la Chiesa di Terrasanta di Bordighera. Non era molto illuminato il Lungomare Argentina e poche erano anche le luci in mare, quelle di pescherecci quasi dispersi in tanta vastità di acqua, ma per alcuni brevi attimi sopra una di quelle piccole imbarcazioni il fulgore di un aereo in avvicinamento sembrava disegnare un tassello di una di quelle mappe che tanto intrigano gli astronomi. Più a ponente i bagliori della Costa Azzurra non impedivano di cogliere i raggi dei fari, lanterne dimenticate che in quest'epoca di travolgente tecnologia non fanno più appassionare turisti ed abitanti di questi luoghi, nè tantomeno li sollecitano a tentare di individuarne l'esatta ubicazione. In quella stessa direzione occidentale la Passeggiata di notte rifulge quasi a giorno. Avvicinandosi la mezzanotte Selene, ora quasi nivea nuvola, apparendo più a sud, pennellava di riflesso il Tirreno, ridestando ricordi di descrizioni manzoniane del Lago di Como. Non è ancora, tuttavia, questo il periodo di splendidi tramonti né di magiche visioni della mitica Corsica sulla linea dell'orizzonte.

 

Il torrente Nervia scorre verso la foce tra gli alberi sfiorando in tangente Via Gradisca, nella zona di Ventimiglia (IM) che prende il nome da questo corso d'acqua, ma risulta visibile in pratica solo attraverso una griglia che sbarra il fondo - lato levante - di questa stradina. Tanti, tanti anni addietro, nonostante fosse già passata anche da quelle parti - novembre 1966 - una disastrosa piena, che meriterebbe un capitolo a parte, in quel punto era stato realizzato un notevole accumulo di terra e di ghiaia, accesso per uno sterrato, che diventava presto nulla di più di un sentiero, che terminava su una spiaggia pressoché selvaggia, nelle cui adiacenze spiccava in pratica come costruzione solo il deposito dei locomotori delle Ferrovie, un'area oggi ristrutturata a spazio pubblico. Ed oggi un amico mi rammenta che si era formato anche un nuovo isolotto, collegato a quella stradina, un luogo dove in tanti si recavano a lavare le proprie automobili.

 

Angelo Oliva, premio Cinque Bettole 1961 Enzo Maiolino e Giorgio Loreti - queste pagine non possono che iniziare dai loro nomi - hanno svolto per decenni un'opera di raccolta e salvaguardia delle memorie culturali del Ponente ligure e specialmente delle stagioni più intense di iniziative che ebbero come centro Bordighera nel cuore del secoloscorso e a cui hanno loro stessi contribuito. Negli archivi che Maiolino e Loreti hanno radunato e preservato si possono infatti ritrovare, rispettivamente, tutte le iniziative organizzate nell'ambito dei Premi Cinque Bettole, la cui parabola va dalla fine degli anni Quaranta ai primi anni Sessanta, e le numerose attività del circolo creato alla fine degli anni Cinquanta e denominato a partire dal 1960 Unione Culturale Democratica. Il presente fascicolo e la riscoperta dell'esordio letterario di Angelo Oliva ci riportano precisamente all'incrocio tra queste due traiettorie, la manifestazione delle Cinque Bettole e il dinamismo dei giovani aderenti all'UCD, all'inizio di un decennio che si era aperto già in modo turbolento con il governo Tambroni e la contestazione antifascista al congresso nazionale del Movimento Sociale Italiano indetto a Genova, città medaglia d'oro della Resistenza. Con l'edizione 1961 dei Premi, dopo la "gara estemporanea" organizzata nel 1958, lo svolgimento in una sola giornata di un concorso di pittura nel 1959 e la sospensione nel 1960, si tentò di rifondare quella che era stata per diversi anni la rassegna di punta delle estati bordigotte proprio coinvolgendovi nuove generazioni. [...] Angelo Oliva si vide invece attribuire il primo premio per il racconto* Una grossa porcheria* che si può infine rileggere in questo volume nella versione edita, come previsto a compimento della manifestazione, sulle pagine de "L'Eco della Riviera". [...] A distanza di più di sessant'anni è comunque difficile dire quanto possa avere influito nelle determinazioni della giuria il fatto che Oliva fosse già conosciuto come uno dei fondatori dell'UCD e tra i principali animatori del "giornale dell'Unione Culturale Democratica", dove i suoi articoli erano regolarmente affiancati da quelli firmati dagli stessi Seborga e Biamonti. La pubblicazione, realizzata in ciclostile dai giovani democratici, nacque, si sviluppò e fu poi interrotta proprio tra il 1960 e il 1961. L'ultimo numero, doppio, uscì a ridosso di quell'estate con in prima pagina uno scritto di Biamonti in morte di Maurice Merleau-Ponty e uno di Oliva su Fidel Castro, in terza pagina una poesia inedita di Seborga che presentava più oltre alcuni versi del poeta cubano José Luis Galbe (che fu uno dei suoi traduttori). La ricchezza dei contributi raccolti nei fascicoli di questo giornale corrispondeva alla varietà di interessi dei giovani fondatori del circolo in virtù dei quali la cessazione delle pubibblicazioni, a metà del 1961, non coincise con una flessione delle attività del gruppo: nel giro di pochi mesi, presso il locale denominato "la Buca" perché seminterrato al n. 171 (l'attuale 187) di via Vittorio Emanuele di Bordighera, l'UCD organizzò infatti mostre personali di Enzo Maiolino, Mario Raimondo e Sergio Gagliolo, conferenze di Seborga sulla poesia civile in lingua spagnola o del maestro Raffaello Monti su Musorgskij, per poi festeggiare a ottobre l'anniversario della sua sede "rinnovata" con esposti alle alle pareti "quadri di pittori di Bordighera fra i quali: Maiolino, Truzzi, Gagliolo, Raimondo, Ciacio, Porcheddu e della pittrice Eny <9 e con una conferenza di Biamonti sulla poesia francese contemporanea, a proseguire una serie avviata all'inizio a proseguire una serie avviata all'inizio dell'anno di cui già Oliva stesso aveva dato conto sul giornale <10 del circolo. Non pare quindi improprio leggere la vittoria del ventunenne Oliva al Cinque Bettole come un incoraggiamento a una generazione intera di giovani ponentini per i quali la cultura e l'arte erano strumenti d'emancipazione, intellettuale e sociale, volti a incrementare lo sviluppo democratico e l'auspicata ma difficoltosa defascistizzazione del paese. L'opportunità che ci offre questo Quaderno è però anche quella di farsi un'opinione autonoma sul testo premiato, Una grossa porcheria, rimasto a lungo irreperibile, mentre l'affermazione personale dell'autore nelle fila del PCI lo allontanava sempre più dalle velleità letterarie. [NOTE] 9 Così in un invito datato 27 ottobre 1961 conservato nell'archivio dell'UCD. 10 Angelo Oliva, «L'avventura della poesia francese», in "il giornale dell'Unione Culturale Democrafica" II, 5, gennaio [ma febbraio] 1961, p. 5. Claudio Panella (Univ. di Torino) (a cura di) **Giorgio Loreti **e Silvio Maiano, Angelo Oliva, Una grossa porcheria, Unione Culturale Democratica Bordighera, 2023, pp. 7,8 - 16,17,18

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Radio Squadra... (feddit.it)
submitted 3 weeks ago* (last edited 3 weeks ago) by [email protected] to c/[email protected]
 

Dopo anni di domande senza risposte ho trovato qualche persona che si ricordava - poco e male - di "Radio Squadra" (un programma della RAI) presente a Ventimiglia a marzo 1959 con una diretta imperniata su domande di carattere storico locale rivolte ad alunni degli ultimi anni delle scuole elmentari. C'è chi passava (era già un adulto) davanti al Municipio, dove si svolgeva l'evento, e vide l'affollamento, indotto dall'ascolto mediante gli altoparlanti rivolti alla piazza. Chi si è ricordato che in famiglia quella diretta l'aveva ascoltata dalla radio di casa. Chi ha rinvenuto fotografie - di gruppo o parziali - ma non sa aggiungere altro. Chi ha rammentato un avvenimento similare, più contenuto di quello di Ventimiglia, svolto in Camporosso (il giorno prima o il giorno dopo?). Mi è stato anche detto che nel corso di una rievocazione televisiva dedicata al compianto Renato Taliani, già nerbo di Radio Squadra, è stata mostrata anche una fotografia di quella piazza di Ventimiglia fatta in quella circostanza. Mi è stato ripetuto di fare ricerche nelle teche della RAI: come se fosse facile! Sul Web ho trovato manifestazioni similari a quella qui accennata: lo schema si ripeteva sempre uguale.

In ogni caso "Radio Squadra" ha rappresentato un'iniziativa che andò oltre la sperimentazione e l'intento di promuovere in forme inusuali, andando direttamente sul territorio, abbonamenti alla radio (la radio; non ancora la televisione!). Io, comunque, quella volta a Ventimiglia c'ero...

 

Qualche anno fa Nello vide che su un mio blog avevo scritto di quel vecchio fumetto, "intrepido": mi mandò allora qualche immagine (qui la copertina del numero 15 dell'11 aprile 1961) da copie di quel giornalino. Insomma, rinverdii, di fatto, anche a lui, sopite passioni dell'infanzia. Mi corresse anche - nella email di accompagnamento - le date di sparizione dei mitici personaggi di quando eravamo bambini. Aggiungo anche la copertina di "intrepido" del 10 ottobre 1963. E l'inizio della puntata di "Buffalo Bill" su "intrepido" di quell'ottobre 1963. C'era ancora "Chiomadoro", su quel giornalino, dove non rinvengo più a quella data, però, "Liberty Kid" e "Roland Eagle", altri due eponimi. Sul termine anticipato delle avventure de "Il cavaliere ideale" sussiste tra i miei interlocutori, invece, pacifico consenso: avvenne molto prima di questo numero. Sempre nel 1963 é già presente su "intrepido" un nuovo protagonista, Junior, sulla cui figura ho anche ricevuto direttamente per email un nostalgico ritratto compiuto da un suo lettore d'antan. Così come, sempre sul tema "intrepido", mi sono pervenuti nel tempo tanti commenti. Mi ero ripromesso di pubblicarli...

 

Da sottolineare la stima di Francesco Biamonti per Jean Giono, questo grande scrittore della Provenza, tanto é vero che nel 2010 ci fu a San Biagio della Cima (IM) un convegno dal titolo "Gli amici di Francesco Biamonti incontrano Les Amis de Jean Giono". Certe luci, certi colori, certe montagne di Manosque (dove dimorava stabilmente Giono, che però ambientava le sue opere di autentico grande livello in altre parti della Provenza e non solo) che ricordano il nostro entroterra: e quella posizione geografica (solo per citare, la montagna della Lure, la Durance, la Bleone) trova a mio avviso in Pierre Magnan (forse per i più non eccelso autore, ma pur sempre amico di Giono) un sincero e convincente cantore. Di Giono dirò, infine, che con "L'affare Dominici" seppe condurre una coraggiosa inchiesta giornalistica dai toni elegiaci - purtroppo non coronata da successo - contro storture poliziesche e giudiziarie che si esercitavano proprio dalle sue parti. E mi preme ricordare ancora per contrappasso l'umanità di certi suoi gendarmi di metà Ottocento, che si muovevano a cavallo in notti di tregenda a ponente del Rodano.

 

Pietro Tartamella qualche anno fa mi aveva chiesto qualche delucidazione di dettaglio per un suo libro di ricordi dedicato - così avevo capito - a Ventimiglia. Non so se questa sua fatica si sia poi concretizzata in quello che Bruno Veri - già mio compagno di scuola alle Superiori - definisce il suo ultimo racconto dal titolo "Senza compianto per il luogo natio". Sì, perché sono ritornato, nella ricerca di notizie su "Piero" alla bella memoria scritta da Bruno in occasione, due anni fa, della scomparsa di Tartamella. Che ho ripubblicato integralmente su di un mio blog di carattere antologico, aggiungendo qualche frase presa qua e là sul Web, di modo da dare un'immagine un po' approfondita di una persona che avevo ben conosciuto e che solo sbrigativamente si può definire un semplice poeta. Aggiungo solo che al viaggio in autostop rievocato da Bruno Veri partecipai anch'io, per lo meno sino alla Svizzera italiana: il quarto componente quella piccola spedizione era Oreste Passeri, altro sodale di classe mio e di Bruno. Per certi versi nelle mie riflessioni ho tante volte accomunato, forse per la loro tenacia, a Tartamella Nello Pozzati, un altro (all'epoca: metà anni Settanta) ragazzo emigrato da Ventimiglia (dove era arrivato bambino dal Polesine alluvionato), nel suo caso a Milano. Pozzati, da bracciante nelle campagne gestite da Bruno, figlio di Libero Alborno, a vincitore di concorso impiegatizio in un comune del retroterra del capoluogo lombardo. Così da poter studiare, anche aiutato dalla moglie insegnante, e conseguire prima il diploma, poi la laurea al Magistero. Con successivi concorsi, ai quali partecipò con titoli di studio più consoni, Pozzati divenne dirigente in almeno due Amministrazioni: il Web ci ricorda, ad esempio, che nel 2013 Pozzati era responsabile dell'Ufficio Servizi Sociali del comune di Settimo Milanese. A lui ho fatto riferimento in diversi miei post: indicative sono state le sue lunghe discussioni notturne con Francesco Biamonti al vecchio Bar Irene di Ventimiglia. Aggiungo per il momento solo quanto segue, perché su di lui non sono reperibili su Internet articoli esaurienti come quelli per Tartamella: che Nello era anche stato segretario di sezione del PCI a Ventimiglia, che non ritrovo la fotocopia di un suo articolo che riprendeva in sintesi la sua tesi di laurea sulle lotte bracciantili nel Polesine e che ho una copia con sua dedica del suo romanzo "Le trappole di Eros. Inquietudini di una donna moderna" (Greco e Greco, 2005)...

 

Questa volta trovo l'irresistibile impulso a ripetermi. Riprendo cose già scritte e ne trascuro altre, inedite. Mi va così. Ma mi fermo molto indietro nel tempo. Con qualche domanda retorica iniziale. Parto dai soliti platani?Dai profumi di Grasse? Che devo aver odorato in loco quando avevo cinque anni? A dire il vero, non riesco a ricordarli: ho più nella memoria, anzi, quasi nel naso, le fragranze delle vecchie distillerie di Bordighera e del Prino di Imperia. Il cioccolato, allora. Quello nero, fondente, ottimo, dalla marca che non vado a declinare, anche se non c'é più. Si trovava solo nei negozi di là dalla frontiera. Fantastico per fare le castagnole, il dolce tipico di Ventimiglia. Almeno, lo usava la nostra vicina di casa di Nervia e castagnole così buone non ne ho più mangiate. Neanche adesso che la leccornia ha il marchio di origine comunale. Vatti a fidare dell'ufficialità! Certo che, a quei tempi, che tre tavolette o giù di lì facessero già contrabbando! Come le banane. Pure quelle piccole, del Senegal: mai più viste! Gite scolastiche e non. La Valle Roja nella parte francese. Fuori mano? Va bene, ma ditelo ai francesi, che te la segnalano già da Cannes. La vecchia ferrovia Ventimiglia-Cuneo ancora in disarmo: ponti crollati, binari interrotti, malconcia segnaletica d'anteguerra. La Valle delle Meraviglie per salire a Monte Bego. Il primo laghetto, Pic-nic. Filmino, se c'é ancora. Non pervenuto se riversato in dvd. E, dall'altra parte, verso il mare, l'Acquario di Monaco: sì, però, l'ho guardato bene tanti anni dopo. E Monaco é Costa Azzurra? Sì, mi pare si dica di sì. l Trofeo d'Augusto a La Turbie. Eze Village, il nido d'aquila de la Côte: giusto, ma che era tutto ricostruito l'ho capito già allora, da ragazzino. A Nizza, ancora, il monumento a Garibaldi. In quella piazza soprattutto la farinata. Socca, come la chiamano sul posto. Sospel. Bella cittadina! Se si accantona per un momento la memoria della feroce strage nazista. Sospel bella come la sottostante parte alta della Val Bevera. Il Festival del Cinema a Cannes, l'anno della contestazione generale. Città vuota, cartelloni sì. Perché mi sovviene quello di "Grazie, zia"? Lisa Gastoni callipigia nature? Subito dopo, due vendemmie a Les Arcs-sur-Argens, dipartimento del Var. Dal treno, l'incanto delle rocce rosse sul mare. Sul posto guidare, autorizzato, per divertimento il trattore solo usando la frizione: danni lievissimi alle vigne! Una domenica (nella banda c'erano una o due auto di ventimigliesi arrivati dopo e ripartiti prima) tutti o quasi a Saint-Tropez. La strada in collina non finiva mai. Saltare qualche intermezzo. Ancora due gite in pullman. Vence o Saint Paul de Vence? Sono vicine. Museo d'arte moderna. Tabula rasa. E non faccio ricerche su Internet o altrove. Sempre la mia testa nelle nuvole. Però, Grasse, sì. Ma per cosa? Per la fermata a a Nizza. Perché quel mercato dei fiori di "Caccia al ladro" c'era ancora. Dove Cary Grant finisce tra le ceste. E assaporare "54" dei Wu Ming che ricostruiscono quel parziale backstage.

 

Non conosco la situazione attuale, ma alle colonnine che compaiono nella fotografia tanti anni fa corrispondeva in Cap Martin, nel comune - quasi di frontiera con l’Italia - francese di Roquebrune Cap Martin, un locale famoso, “I Fratelli della Costa” (in italiano!), anche perché situato di fronte ad un prestigioso ristorante, da cui derivava l’insegna, “Il Pirata” (Le Pirate), quest’ultimo frequentato, come spesso riportato dai soliti rotocalchi, anche da divi hollywoodiani, che non disdegnavano, come fu ad esempio per Sinatra, una visitina al pub su cui voglio attirare brevemente l’attenzione. Ad un Capodanno qualcuno insistette per fare tappa in quell’esercizio, asserendo che ci avrebbero accettato e non ci avrebbero spennato vivi. E così in effetti fu, solo che al sottoscritto, che allora nutriva una strana passione per l’Irish Coffee, venne risposto che quella "strana" bevanda là non era conosciuta: solo colpa dell'avventizio di turno? E del "Pirata" qualcuno di recente si è ricordato che era ai tempi gloriosi visitato anche da un fotografo di Bordighera alla ricerca di qualcosa di speciale: sono riuscito a risalire all'identità di questo operatore , ma penso proprio che i suoi acconci scatti siano finiti nell'Archivio Alinari di Firenze...

 

Da bambino, se ricordo bene, la nebbia l’ho vista solo a Milano o in viaggio in treno per Milano. Come in occasione della prima partita di calcio di Serie A che ho visto, nel 1959 (o ai primi del 1960), Inter-Sampdoria: c’è una fotografia che mi ritrae davanti al vecchio stadio di San Siro, ma in quel momento della giornata il fenomeno era alquanto mitigato.

Erano gli anni in cui mio padre, ferroviere, raccontava come si usassero nel suo lavoro i petardi da nebbia. Dislocati a debita distanza sui binari, con i loro scoppi, molto fragorosi, servivano a segnalare ad un treno che eventualmente fosse sopraggiunto che, non visibile o non ben visibile, causa, appunto, nebbia, ce n’era già uno fermo, per un segnale o, peggio, per avaria, sullo stesso binario o, credo, per sicurezza,anche su quello parallelo. Ricordo come erano fatti quegli ordigni, che talvolta mio padre, quando rientrava dal servizio senza avere lasciato in deposito al suo reparto in stazione a Ventimiglia (IM) il borsone regolamentare, ci faceva ammirare: scatolette di alluminio decisamente più grosse di quelle oggi correnti per contenere prodotti alimentari, per noi bambini affascinanti, al pari dei racconti di papà, relativi ai casi in cui aveva dovuto usarli o di cui avesse avuto notizia da parte di colleghi. Alla notizia di un tragico incidente ferroviario di qualche anno fa, dovuto alla nebbia, mi sono chiesto se in ferrovia avevano smesso di usare i petardi.

 

Anche un regista importante come Gianni Amelio ha fatto riferimenti a "intrepido", giornalino a fumetti, di cui diverse volte ho scritto qualcosa. Amelio titolava addirittura "L'intrepido" il film che stava completando per presentarlo nel 2013 al Festival di Venezia, con interprete principale Antonio Albanese. Dall'intervista ricavavo che il cineasta, dopo aver sostenuto che "intrepido" é il protagonista, affermava: "un film con l'anelito al lieto fine, come nei fumetti dell'Intrepido, dove c'erano tante storie ambientate in tutti i mondi e le epoche possibili, ogni settimana si restava con il fiato sospeso, ma sapevi che 15 settimane dopo con la parola fine arrivava la felicità." Un'altra cosa, simpatica e di storia del costume che Amelio racconta é che nella natia Calabria insisteva per compiere commissioni di casa, in modo di realizzare un po' di cresta sulle spese e, così, avere le trenta lire necessarie per comprare il martedì mattina l'agognata rivistina...

 

Il modello originale del primo periodico, di cui qui si pubblica la copertina, era l'americano "Cino e Franco", ripreso come tale nel nostro Paese al termine della guerra. Il fascismo aveva imposto allo scoppio del secondo conflitto mondiale l'italianizzazione sempre più accentuata, con esiti anche grotteschi, dei fumetti stranieri. Per quanto attiene il razzismo, questo era già antecedente il Regime, ma con il Regime dilagò sui giornalini. Grottesco anche il caso di Dick Fulmine, di matita italiana, personaggio italo-americano operante dapprima negli USA, ma che nel luglio 1942 si trova nella fantasia di queste pubblicazioni non si sa come a combattere a fianco delle Forze dell'Asse. Aggiungo una copertina, quella di "Albo dell'Intrepido" del 23 maggio 1942, perché nella nuova versione degli anni '50 era uno dei miei giornalini preferiti. Alcuni fumetti continuarono ad essere pubblicati, altri vennero recuperati dopo le censure del fascismo, nuovi ne emersero, più di settant'anni fa...

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